Testimonianze dell'Insurrezione
Memorie dell'operatrice sanitaria del battaglione scoutistico AK "Wigry" Barbara Gancarczyk-Piotrowska ps. "Pajak" (= Ragno)
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Scoppio della guerra
Nell’estate del 1939, come al solito, andammo in villeggiatura. Nell’autunno dovevo iniziare gli studi al liceo di Maria Konopnicka. Avevo 16 anni. Quell' estate dominava in villeggiatura un’atmosfera di inqueta attesa. Ogni giorno ascoltavamo con attenzione la radio. Eravamo in attesa dello scoppio della guerra, però avevamo la speranza che non arrivasse. Nella nostra casa, in via Elsterska, abitava un giornalista italiano, il signor de Andreis. Sosteneva che la guerra non ci sarebbe stata di sicuro.
Mio padre era un ufficiale di riserva; aspettavamo che venisse chiamato alle armi in qualsiasi momento. Il primo di settembre, essendo in villeggiatura ad Emow, venimmo a sapere dalla radio che la guerra era scoppiata. Mio padre in quel momento era a Varsavia. La mamma decise di ritornare a Varsavia, non voleva che mio padre rimanesse da solo. Prese questa decisione anche se sapeva che c'erano i bombardamenti ed era pericoloso.
Facemmo i fagotti e li mettemmo sul carro a cavallo. Mi ricordo che il contadino che ci portava di solito, quella volta non voleva tanto rischiare il viaggio a Varsavia. Però dopo un po’ si decise, credo che sia stato pagato di più. Non mi ricordo che strada abbiamo fatto. Probabilmente passammo dal Wal Miedzeszynskiego sulla Vistola, ma non ne sono sicura.
Arrivammo a Varsavia il 4 settembre. Nella nostra zona c’erano già i bombardamenti. Abitavamo vicino alla Rotonda Waszyngtona. Sul Corso Waszyngtona tornavano indietro, a est, le truppe dei militari polacchi e si spostava la gente civile. La folla dei civili carica di fagotti, le donne con i bambini e le carrozzine , tutti andavano lungo il Corso attraverso il ponte Poniatowskiego e poi in direzione di Grochow.
I profughi sovente si fermavano a casa nostra. Naturalmente trovavano sempre un pasto, qualcosa di caldo. Ci stupivamo del perché andavano là, dove il destino era incerto. Specialmente le madri con i bambini piccoli. Cercavamo di convincerli a restare da noi, però la gente non voleva, andavano via.
Ci fu un bombardamento sul Corso Waszyngtona e sul ponte Poniatowskiego, perché là c’era folla sia di civili che di appartenenti all'esercito. Le bombe caddero tra l'altro sul garage dei nostri vicini di casa, dall’altra parte della strada. Quel giorno, era il 7 o l'8 di settembre, mio padre decise di trasferire la famiglia un po’ più distante dalla rotonda. Si mise d’accordo con un suo conoscente, il signor Moykowski, il quale aveva una casa su via Irlandzka. Tutta la famiglia si trasferì da lui, mi pare l' 8 di settembre. Traslocammo solo le cose più necessarie.
Si avvicinava il fronte. I tedeschi arrivarono dalla parte di Praga sotto Saska Kepa, mi pare, già il 10 di settembre. Anche la nostra casa fu distrutta il 10 di settembre sotto i bombardamenti. Rimanemmo senza nulla per anni di guerra, senza un tetto sulla testa. Dopo trovammo un alloggetto sulla Saska Kepa, poco distante dalla nostra casa che non c’era più.
Saska Kepa fu sotto il tiro dell' artiglieria e dei bombardamenti aerei. Gli abitanti del quartiere cominciarono a scappare attraverso il ponte Poniatowskiego fino a Srodmiescie. Anche noi, verso il 15 di settembre, partimmo per l’altra sponda della Vistola. Il ponte fu bombardato, c’erano tanti buchi. Tante persone morirono durante l'attraversamento del ponte. Durante quella migrazione fino a Srodmiescie morì sul ponte, tra i tanti , la moglie di un direttore d’orchestra di Grzegorz Fitelberg, Halina Szmolcowna, famosa ballerina.
Il resto dell’assedio lo passammo a Srodmiescie. All’inizio eravamo a Prudential sulla Piazza di Napoleone. Mio padre lavorò là per un po’ di tempo, e un suo conoscente , il signor Moykowski, era il direttore. Ci sembrava che là saremmo stati sicuri. C’erano i rifugi di alcuni piani, però quell’edificio fu molto bombardato. Scoppiò un incendio e nel rifugio dove eravamo cominciò a fuoriuscire acqua. I pompieri ci consigliarono di andare via, perché non si sapeva cosa sarebbe potuto accadere, sarebbe potuto crollare il soffitto.
In quella situazione ci trasferimmo alla Banca Agricola, dove mio padre ha lavorato . La Banca si trovava sulla via Nowogrodzka, di fronte a Roma. Là eravamo alloggiati nel caveau. Il caveau aveva soffitto e pareti particolarmente forti, allora quello era un posto sicuro. Nel caveau c’era mancanza di spazio, le persone erano sedute le une sulle altre. Si dormiva sulle sedie o sul pavimento. L’edificio non fu distrutto molto durante le operazioni belliche. Rimanemmo lì li fino alla fine dell’assedio.
Vorrei aggiungere ancora che mio padre non fu chiamato alle armi, probabilmente non avevano fatto in tempo. Durante l’assedio partecipava al trasloco delle munizioni. Quando l’assedio di Varsavia finì tornammo sulla SaskaKepa. Era circa 3 giorni dopo la capitolazione, nei primi giorni dell' ottobre del 1939.
Sopravvivemmo al settembre del 1939. Ritornammo nella Saska Kepa, nel piccolo alloggio. Bisognava pian piano sistemarlo. Anche se la nostra famiglia aveva perso tutto ed eravamo miserabili, nessuno si preoccupava di quello. Più importante era il fatto che nessuno della nostra famiglia era morto, tutti ci eravamo salvati durante i bombardamenti.
Barbara Gancarczyk-Piotrowska
A cura di: Maciej Janaszek-Seydlitz
Traduzione: Anna Marciniak
Barbara Gancarczyk-Piotrowska nata il 18.03.1923 a Varsavia operatrice sanitaria AK pseudonimo “Pajak” (= Ragno) secondo plotone della compagnia d’assalto battaglione scoutistico AK “Wigry” |
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